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IL FASCINO DEL PRESEPE

Nei giorni immediatamente precedenti il Natale del 1223, Francesco d'Assisi si trovava nel convento di Greccio, un paese sugli Appennini, attualmente in provincia di Rieti.
Il convento sorge in alto, sulla cima di un colle di 638 m, ammantato da una selva di lecci. Basta un alito di vento per far stormire le fronde di questi alberi, dalle foglie sempreverdi e dal frutto simile ad una piccola ghianda.
E quella sera lontana dall'antivigilia, il vento soffiava forte e teso, portando un freddo crudo, insopportabile all'esterno, ed appena tollerabile all'interno di quel convento austero, riscaldato solo da un caminetto nel refettorio e dal focolare della cucina.
La notte era scesa presto, opprimente, su quella piccola comunità rinchiusa all'interno di un edificio la cui sola illuminazione era data dal bagliore cangiante del fuoco e dallšincerta luce di qualche lampada ad olio, la cui fiamma oscillava secondo le folate del vento che s'infiltrava per gli interstizi delle finestre.
Francesco sentiva lo sforzo interiore che, malgrado tutto, ogni fraticello faceva per essere felice: tutti sorridevano, svolgevano le loro mansioni con serenità, si dimostravano felici di aver tra loro nientemeno che il Fondatore del loro ordine religioso.
Ma Francesco, per niente non sarebbe diventato Santo, capì che ci voleva qualcosa di straordinario, qualcosa in grado di fornire, allora e sempre per il futuro, una gioia nuova, piena, entusiasmante di slanci spirituale.
Ed ebbe la folgorazione.
In fin dei conti, si diceva, questi fraticelli hanno lasciato ogni lusinga del mondo, per vivere in povertà, con gioiosa serenità. Ma domani si ricorderà la nascita del Salvatore: anch'Egli nacque al freddo, in una stalla, senza trionfi, senza l'applauso delle folle, in estrema semplicità, Lui, il Figlio di Dio!
Perchè non ricordare questa ricorrenza, ricreando quell'ambiente, quasi a diventare noi stessi compagni di quell'avvenimento, come i pastori di allora, ripieni di una gioia incontenibile di fronte al Bambinello?
Durante la parca cena, dopo aver recitato le orazioni di ringraziamento a Dio per il cibo di cui potevano disporre, una minestra di verdure, un pò di pane e del formaggio, Francesco parlò.
Tutti sanno che i fraticelli consumano il loro pasto in silenzio, ascoltando la voce di un confratello che li intrattiene con la lettura di salmi o di altri brani scelti dalle Sacre Scritture. Ma quella sera, il Santo prese la parola: "Cari frati in Cristo, siamo ormai prossimi alla venuta di Cristo Bambino. La nostra gioia è grande, come ogni anno in questo tempo, perchè il mistero della Nascita ci rende partecipi anche della vita immortale: il Bambino -Dio ci dice che la nostra misera umanità è stata riscattata, perchè anche il Figlio di Dio si è fatto uomo come noi: non siamo più servi, ma fratelli! Allora, perchè non manifestare questa nostra convinzione con la ricostruzione di quella Sua fredda stalla, perchè non costruiamo la Sua capanna, la mangiatoia dove fu deposto dalla Sua Madre Semprevergine? Ci sembrerà di essere anche noi, lì presenti, a lodarLo insieme ai pastori che vegliavano i loro greggi sotto la volta immensa e stellata, finchè non giunse l'angelo del Signore ad avvisarli. Ed essi corsero senza indugio, cantando le lodi di Dio."
L'invito fu subito accolto con entusiasmo dai fraticelli.
Malgrado fosse buio e freddo, già vollero uscire per recuperare dalla legnaia delle tavole e dei pezzi di legno, per costruire la capanna e la mangiatoia.
L'indomani, completarono il lavoro, portarono il bue e l'asino, prepararono dei simulacri per rappresentare la Madonna e S. Giuseppe, lavorarono a lungo per creare un pupazzo avvolto da fasce che rappresentasse il Divino Bambino. Erano molto imbarazzati, perchè si ritenevano indegni a immaginare le fattezze di Gesù, ma Francesco li incoraggiava, dicendo loro che si trattava di un omaggio, non di una mancanza di rispetto.
La voce si sparse velocemente per il paese, così che, la sera di Natale, tutta la gente accorse a vedere il primo presepio della cristianità: nell'abside della chiesa del convento, si vedeva la santa capanna, la Vergine, S. Giuseppe, il bue e l'asinello, i frati-pastori.
Il popolo si commosse, specie quando, a mezzanotte, il Santo depose, con le mani tremanti dall'emozione, il Bambino nella mangiatoia.
Durante la breve omelia, Francesco disse che il Bambino fu adorato da due categorie di persone: gli umili, come i pastori, che accorsero per slancio dell'animo, e i dotti, come i Magi provenienti dall'Oriente, che arrivarono alla verità attraverso la fatica dell'indagine speculativa e dei dubbi della ragione.
Tutti pregarono con devozione e cantarono a squarciagola le lodi al Signore: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà!"
Io penso che sia andata proprio così, anche se le cronache ci confermano solo l'iniziativa di Francesco. Penso che sia andata così, perchè solo un uomo che aveva saputo conservare l'animo fanciullo, un uomo che sapeva parlare con il creato, che predicava agli uccelli, che aveva saputo ammansire il lupo feroce di Gubbio, che aveva fatto scaturire l'acqua dalla roccia per dissetare i suoi compagni di viaggio, un uomo che aveva ammirato le stelle al punto da definirle "clarite, preziose e belle", poteva sentire il fascino di rivivere il mistero della Natività.
Da allora il "Presepio" si è diffuso, nell'arte, con capolavori di sommi artisti, ma anche nelle nostre case.
Alcuni presepi si sono talmente raffinati da diventare artistici: i presepi napoletani, con la presenza della vita di un'intera città, con i vari mestieri, con la gente indaffarata, un po' presa ed un po' lontana dal Mistero.
Altri sono costuiti con delle statuette in legno di alto artigianato, come quelle della Val Punteria, altri hanno tutto un gioco di luci, che scorre dalle fontane, a cui va attingere la gente, fino al ruscello, presso il quale le lavandaie lavano i panni.
Ma ai bambini basta molto meno.
Sono i bambini, ancora una volta, a sentire l'arcana meraviglia di un Dio che si fa bambino, come loro: loro che vanno a cercare il muschio, che preparano il lago con la carta stagnola, che dispongono le statue dei pastori attorno al fuoco "robustoso e forte", che creano le montagne con la carta marezzata, che dispongono le luci nel paesaggio fiabesco.
E i genitori, se non sono troppo distratti dalle compere di Natale, forse potranno cogliere, nel volto dei loro figli, quella misteriosa corrispondenza con i pastori di allora, quelli che accorsero all'invito dell'angelo, senza farsi tante domande: solo con l'adesione del cuore semplice.

Claudio Favaretto